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Coltivare il pesco con metodo biodinamico

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Coltivare il pesco: la buona coltivazione inizia con la messa a dimora delle piante

Per coltivare il pesco ci si pone senz’altro come obiettivo quello di ottenere alberi sani e che entrino rapidamente in produzione.Coltivare il pesco
Per non partire col piede sbagliato e non avere sorprese negative, anche per un peschetto di modeste dimensioni o per un semplice filare di qualche albero si consiglia di effettuare una preventiva analisi di base del terreno allo scopo di individuarne la tipologia e i componenti minerali e organici.

Ricordiamo che il pesco predilige i terreni sciolti, anche ricchi di sassi, profondi, arieggiati e ben dotati di acqua.

I risultati delle analisi forniscono indicazioni per effettuare eventuali interventi di correzione o con coltivazioni di preparazione vedi sovescio, al fine di rendere il terreno idoneo all’impianto. Dall’analisi del terreno si traggono poi anche le indicazioni necessarie per la scelta dell’idoneo portinnesto, come qui di seguito specificato.

Coltivare il pesco: il portinnesto più usato è il franco

La scelta di un portinnesto va fatta in relazione alle caratteristiche del terreno, del clima e della varietà. Di norma presso i vivai specializzati vengono comunque fornite piante già innestate su idoneo portinnesto (astoni a radice nuda o piante con pane di terra e in vaso).

Il portinnesto più utilizzato coltivare il pesco (e le nettarine) è il franco, cioè una pianta ottenuta dal seme di una varietà coltivata. Questo portinnesto va bene per un terreno sciolto nel quale il calcare attivo non sia superiore al 4% e il pH abbia un valore compreso tra 6,8 e 7,2 (cioè reazione neutra).

Del franco esistono diverse selezioni come il Missour (particolarmente adatto nei terreni di media fertilità), il PS A5 (che riduce la vigoria delle piante del 10-15%, ottenendo alberi con produzioni qualitativamente migliori).

Se il contenuto di calcare attivo supera il 4%, fino all’11-12%, va preferito il GF 677 (ibrido tra pesco e mandorlo) che è molto resistente e adattabile a diversi tipi di terreno, compresi quelli siccitosi. Questo portinnesto , peraltro, è particolarmente conveniente quando si ripianta un pesco nello stesso terreno nel quale fino a quel momento ne è stato ospitato un altro.

Altro portinnesto interessante è l’MRS 2/5 (SELEZIONE DI Susino Mirabolano), ideale per terreni fertili e di medio impasto. I suoi pregi principali sono rappresentati dalla capacità di ridurre lo sviluppo dell’albero e di anticiparne l’entrata in produzione. Resiste bene all’asfissia radicale e sopporta un contenuto in calcare fino al 9%. Tra i difetti abbiamo la formazione di polloni radicali che con gli anni possono crescere in prossimità del fusto.

orto

Coltivazione del pesco: i lavori preparatori del terreno

La preparazione del terreno va fatta per tempo, durante il periodo estivo, quando il suolo è asciutto e quindi lavorabile in profondità. Avendone la disponibilità, l’attrezzo più idoneo per svolgere questo lavoro è il ripuntatore, che agisce lavorando il terreno a 70-90 cm di profondità, arieggiando senza potare in superficie terreno inerte, il quale renderebbe difficile la vita delle piantine.

Un terreno così ben lavorato permette un rapido sviluppo dell’apparato radicale che nel pesco è di crescita rapida ed estesa.
Nel caso di piccoli impianti si può ricorrere all’escavatore, avendo cura però di non aprire le buche, ma di smuovere il terreno alla profondità di 50-70 cm, per la larghezza di un metro, lasciandolo in loco. Successivamente, al momento dell’impianto, si apriranno delle buche della dimensione di 70-80 cm di lato e 50 cm di profondità.

Prima di procedere all’impianto è necessario apportare un’abbondante concimazione organica di fondo. Per 500 metri quadrati vanno bene 30-40 quintali di letame maturo. Tutti i concimi devono essere interrati con una leggera aratura (20-30 cm).

Il terreno destinato all’impianto va infine sottoposto a una lavorazione superficiale consistente in una erpicatura con erpici normali o rotanti. Si procede quindi al tracciamento dell’impianto, all’apertura dei solchi in corrispondenza dei filari e alla messa a dimora.

> Scopri di più sulla coltivazione del susino!

Coltivare il pesco: il sesto d’impanto

Prima di effettuare l’impianto si deve considerare che le piante possono essere messe a dimora secondo diversi schemi di piantagione: in quadrato, in rettangolo, a quinconce (le piante sono poste ai lati di un triangolo isoscele), a settonce (le piante sono poste ai vertici di un triangolo equilatero).

Con i sistemi in quadrato e in rettangolo si possono effettuare agevolmente le lavorazioni del frutteto per il lungo e di traverso fin che le piante sono giovani, mentre con i sistemi a quinconce e a settonce le lavorazioni trasversali sono impedite. Con questi ultimi due sistemi vi è però uno sfruttamento più razionale dello spazio.

L’orientamento dei filari deve garantire la giusta illuminazione solare sia a destra che a sinistra del filare: l’ideale è un orientamento da nord a sud.
Le distanze d’impianto variano moltissimo da terreno a terreno e in relazione al portinnesto. Le distanze indicative per le più diffuse forme di allevamento del pesco sono le seguenti:

  • Vaso, 6 metri tra le file, 3-4 metri sulla fila;
  • Palmette, 5 metri tra le file e 3-4 metri sulla fila;
  • Forma di allevamento a “Y”, 6-7 metri tra le file e 2 metri sulla fila;

Coltivare il pesco: l’epoca di piantagione ideale

La messa a dimora delle piante di pesco si effettua preferibilmente in autunno nei climi temperati (Centro e Sud Italia) e in primavera nei climi freddi (Nord Italia). L’impianto si può effettuare mediante semina dei noccioli e anche a partire da piantine selvatiche da innestare poi a dimora.

La modalità più frequente e consigliabile è comunque il ricorso ad astoni di un anno innestati o, in alternativa, a piante innestate in vivaio a gemma dormiente. Sono invece da scartare le piante in vaso di 3-4 anni, che pur essendo belle da vedere una volta a dimora è facile che abbiano uno sviluppo stentato.

L’impianto di astoni di un anno è il sistema migliore per ottenere delle piante che entrino presto in produzione. Prima della messa a dimora, l’astone va potato sia nella parte aerea che nelle radici. Le radici vanno tagliate pochissimo (si asportano solo quelle rotte tagliandole poco sopra le lesioni e si accorciano quelle eccessivamente lunghe).

Subito dopo la messa a dimora si taglia l’astone a 70 cm da terra e si speronano a 2-3 gemme i rami anticipati su di esso inseriti.
Se non è possibile mettere subito a dimora le piante, è necessario disporle in un solco e ricoprirle di terra, in modo che risultino interrate fino a poco sopra il punto di innesto.

In questo modo si conservano anche per un paio di mesi o poco più purché, se la stagione decorre molto asciutta e ventosa, si provveda a mantenere una certa umidità alla terra che copre le radici.

La messa a dimora di piantine innestate a gemma dormiente, invece, va effettuata preferibilmente in primavera, prestando molta attenzione alla gemma che sta per germogliare e, successivamente, al germoglio in accrescimento. Quest’ultimo dovrà essere legato a un tutore, difeso dagli insetti dannosi e dalle erbe infestanti.

> Scopri come coltivare il pesco in vaso!

Dopo aver messo a dimora la pianta, prima di ricoprire completamente di terra l’apparato radicale, occorre bagnare il terreno attorno al fusto con una decina di litri d’acqua, in modo da favorire l’adesione della terra alle radici e aumentare così le possibilità di attecchimento.

L’uso di pressare la terra con i piedi sull’apparato radicale risulta invece dannoso, in quanto si corre solo il rischio di rovinare le radici.
Dopo l’impianto è utile invece effettuare la pacciamatura sulla fila con film di plastica nera o di materiale biodegradabile.

Coltivare il pesco: alcuni errori che si possono compiere nella messa a dimora

  • L’impianto con terreno bagnato o troppo umido, che favorisce la formazione di zolle dure o semi impermeabili difficili da esplorare per le giovani radici.
  • L’impianto a profondità eccessiva, che dà origine a delle piante con vegetazione stentata e facilmente soggette a moria. La profondità di impianto deve essere quella che la pianta aveva in vivaio.
  • L’eccessivo taglio delle radici, che determina scarso sviluppo della vegetazione.

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